
Vivere qui mi spaventa; sono mesi che non vado nell’altra stanza.
Qui le finestre si muovono, parlano e prima o poi riusciranno a inghiottirmi: sono due, una accanto all’altra, e fanno finta di masticarmi. Sono divise da uno specchio di cera ovale, con la cera sciolta, colata e di nuovo asciugatasi lì dove c’era il vetro ovale a riflettere; ora nello specchio tutto è torbido, opaco e non si vede nulla.
Nell’altra stanza, nella stanza qui accanto c’è un telefono, che io in passato ho usato qualche volta per chiamare delle persone, ma anche quando non mi serviva, era un bene che ci fosse; vederlo lì accanto, sul tavolo da lavoro, mi teneva tranquilla e per questo riuscivo a concentrarmi, a fare tutto ciò che dovevo. Qui invece il letto mi distrae.
Qui non c’è nulla a parte le finestre e lo specchio, c’è solo il divano-letto su cui mi stendo e respiro i miei odori più intimi; riesco pure a sentirli come se non fossero più i miei, come se addensandosi stessero formando un altro corpo, un’altra persona o una matrioska più grande. Uno scafandro di veli di tulle e io sono una mummia nello scafandro, nella stanza e ho i fili. Non mi vesto più, non mi trucco più, provo solo a guardare altrove, fra i centimetri, un punto sul muro o il soffitto più lontano possibile da tutto: dal vetro, le finestre, dai fili. Il materasso.
Una volta ho sentito che il telefono nell’altra stanza squillava.
Chi è stato a chiudere la porta? Ho perso la chiave. L’ho persa eppure mi dico, non può che essere qui da qualche parte. Un chiodo, penso, una pinzetta o una graffetta deformata; un dito mio, forse, ci ho provato, ho infilato il dito nel buco della serratura e colava olio nero dall’interno della porta, l’ho anche succhiato. Quando mi avvicino, così tanto da illudermi quasi di poterci infilare un occhio, riesco a scorgere un pezzetto della scrivania, il mio occhio. Non si è mai mossa. E la sedia, uno dei braccioli. Il monitor con la lucina spenta. Poi il telefono lì accanto e intorno le tendine spalancate e le bocche aperte, ferme, che non dicono niente, neppure possono vedermi.