
A.P: Ho sempre apprezzato gli autori che ritornano sulle cose scritte da altri: credo che sia un modo giusto e genuino di divulgare la letteratura. Nel caso del tuo libro, si ritorna sulle pagine e nelle storie di Italo Calvino, uno dei più grandi autori del nostro Novecento, e la prima domanda che vorrei farti è: come hai fatto a non inciampare in nessun luogo comune? Perché questa è la prima cosa che mi ha colpito del tuo libro: parli di un autore conosciutissimo, eppure riesci a farci scoprire ancora qualcosa comprese le lacune che, almeno io, ho capito di voler colmare.
G.P:
È una bellissima occasione essere ospitato qui, e ringrazio davvero, ringrazio come se stessi camminando, ovvero esattamente allo stesso modo in cui ho iniziato a scrivere questo libro… Probabilmente molti e molti anni fa, da quando per la prima volta mi sono dato la libertà di vagare da solo per la mia città micro-labirintica. Cadere in luoghi comuni con Calvino? Non è facile, proprio perché a mio avviso si parte da una materia prima che i luoghi (non solo quelli comuni) (non solo quelli fisici come affronto e esploro io in questo libro, ma anche quelli metafisici, psicologici, sociologici e relazionali) lui li smonta, li semplifica, li rivaluta, poi li riproduce al mondo con la sua ormai famosissima “leggerezza”. Quella che ti fa sentire di aver letto una frase talmente ovvia, ma talmente bella, che non ti rendi conto di esserti mai innamorato se non prima che te lo dicesse lui.
A.P: Ancora sul ritorno. Il tuo libro è un viaggio nell’opera di Calvino che ripercorriamo in occasione del centenario della sua nascita ma anche un viaggio nelle sue origini sanremesi. Ritornando sulle pagine di Calvino ‘’ritorni’’ pure tra le vie della tua città natale, in una Sanremo ‘’aumentata’’ dai luoghi che hanno ispirato le narrazioni del nostro protagonista. Vorrei chiederti un po’ come hai sviluppato questo tema. I tuoi pellegrinaggi sembrano quelli di un bambino alla scoperta di giardini (letterari e non) che sono sempre stati lì ma custodiscono ancora tanti segreti. Il tuo periplo trasmette l’entusiasmo di chi percorrendo dei luoghi li vive più volte: talmente tante volte che poi passa a raccontarli.
G.P:
Monet dipingeva lo stesso luogo in più ore del giorno, eppure se confronti le tele il soggetto può essere lo stesso, ma il livello emozionale cambia di volta in volta. Io credo che capiti la stessa impressione quando si rilegge un libro, e allo stesso modo quando si ritorna in un luogo, a distanza di tempo, dopo aver vissuto un’altra esperienza, dopo essersi allontanati di proposito, oppure quando ci si capita per caso. Il rapporto con i luoghi per me non è mai stato una pure semplice frequentazione o passaggio, odio la fretta infatti perché non posso andare con lo sguardo sognante e distratto, ma devo guardare dove cammino. Eppure questo è un libro che ho scritto molto in fretta, rileggendo Calvino però con calma, accorgendomi che non è tanto rivedere i miei luoghi con la testa in su ma che volevo forse davvero setacciarli con lo sguardo rivolto verso i piedi, è lì che si trovano gli oggetti dimenticati più preziosi.
A.P: Nel tuo viaggio ci racconti del rapporto che hai stabilito nel tempo con l’opera di Calvino. Il rapporto che nasce con i libri è sempre personale anche se questi vengono letti da milioni di persone. Mi ha colpito molto l’aneddoto del Barone rampante, che hai volutamente lasciato a metà. Mi hai fatto riflettere sul fatto che anche io, con le autrici e gli autori che più ho amato, ho fatto un po’ la stessa cosa anzi di più; perché ci sono libri che non ho proprio letto e che mi rifiuto di leggere come se tale gesto contribuisse a conoscerne tutta l’opera. Non ti chiedo se hai letto il finale del libro perché immagino di no; personalmente ho pensato che avresti potuto evitare di leggere anche le prime 144 pagine a questo punto. Che ne dici? In realtà è solo una scusa per farti dire due parole su questo aneddoto che considero emblematico del tuo rapporto con il Calvino autore e conterraneo.
G.P:
Il finale lo conosco, ma è come se ti raccontassero quello di un film senza averlo visto, puoi pensare che ti rovini la sorpresa, ma in realtà la vera esperienza è guardarlo tu, ovvero leggerlo con i tuoi occhi emotivi, vedere cosa ti provoca, non per sentito dire. Sono andato un po’ avanti da quella pagina 144 e devo dire che ho fatto bene. “Lentamente muore chi non cambia idea” e ogni pagina che sto leggendo la trovo giusta oggi, per me, mi aspettava, intrisa di molti significati che proprio in questo momento nella mia vita e non prima, ho capito di dover leggere. Quelle pagine mi stanno dando davvero una bussola su ciò che mi sta capitando, ecco perché adoro questo autore! Lo fa ogni volta, e non so come fa.
A.P: Il tuo libro è stato pubblicato in occasione del centenario della nascita e quindi, considerando che il nostro protagonista è mancato nel 1985, direi che ci siamo persi un bel pezzo dell’opera di Calvino. Ti domando, dal tuo punto di vista, cosa avrebbe ancora scritto Calvino se fosse vissuto, diciamo, almeno altri venti anni. Lo so è una domanda impossibile ma ognuno ha un suo rapporto con un autore ed io, quando fantastico su un Calvino anziano, lo immagino ritornare, letterariamente e umanamente, verso la dimensione più fantastica della sua opera. Vorrei sentire il tuo parere che Nella città invisibile hai dimostrato di averlo amato negli aspetti rivelati ma anche in quelli più nascosti.
G.P
Sai che è una domanda davvero difficile? Chi può saperlo… Se vediamo i suoi ultimi movimenti, l’ultimo libro lasciato incompiuto ovvero le Lezioni Americane, vedo che si stava sempre più avventurando nei meccanismi della letteratura, nella biologia dell’atto dello scrivere, nei processi digestivi e compositivi, quasi fosse un’esperta regressione al solfeggio musicale. Eppure, mi viene da fantasticare, pensando proprio alle sue ultime parole, pronunciate gli ultimi giorni di ospedale (il medico in una visita di prassi gli chiese dove si trovava a casa sua, e lui rispose “a Sanremo, davanti al mare” anche se abitava a Roma da tempo) insomma un ritorno alle origini. Come dici tu non sarebbe stato magari da escludere, chissà che non l’avremmo visto ritornare un po’ sulle sue fiabe che tanto l’avevano fatto viaggiare per il nostro Paese, oppure davvero riiniziare a riscrivere da quella pagina 144 un finale diverso per un eroe che dagli alberi non è mai sceso…