
Durante una visita di routine dal dentista scoprii che dentro la mia bocca si era sviluppata una civiltà.
«Adesso sembrano essere all’età del bronzo» disse il dentista, «ma si evolvono in fretta. Potrebbero iniziare a immaginare pratiche democratiche prima della fine del mese.». Ed eravamo già al quindici.
«Ma com’è possibile?», chiesi io.
«Ha presente quando si dice che ogni persona contiene un universo? Le probabilità che la vita progredisca fino a produrre una civiltà evoluta sono estremamente basse, ma qualche volta succede: l’universo che sta dentro di lei è abitato da forme di vita intelligenti.».
«È molto grave?», mi turbava l’idea che i destini della loro civilizzazione fossero delimitati dalla mia arcata dentaria.
«Nient’affatto, non ci metteranno molto a estinguersi: di questi tempi è difficile tenere vivo qualcosa dentro di sé. Intanto, sciacqui col collutorio una volta al dì e si ricordi sempre di spazzolare bene e di usare il filo interdentale!»,
«ma… non li disturberò?»,
«qualche cataclisma non farà che incoraggiare la loro mitopoiesi.».
Passò il tempo.
Scolpirono monumenti grandiosi nei miei denti. Bibliche torri d’avorio. I miei molari finirono per assomigliare alle Torri di Babele dipinte da Pieter Bruegel il Vecchio.
Un giorno ricevetti un messaggio da loro che esistevano in me, ma ancora per poco.
Le galassie che vorticavano nei miei occhi si stavano spegnendo, le stelle che sfolgoravano tra le mie sinapsi avvizzivano. Curavo sempre la mia igiene orale.
La loro civiltà era crollata; le grandiose architetture dei miei denti, testimonianza della loro cultura, erano ormai rovine disabitate. Ma, prima di scomparire, mi avevano trasmesso in sogno il segreto della loro conoscenza: un’esplosione millenaria di filosofia, intere epoche di pensiero. Avevano scoperto e inventato la matematica, creato la scienza e tremato di fronte a essa; avevano ucciso dio, solo per resuscitarne il cadavere. Attraverso immani pilastri avevano osservato lo scindersi dell’ultimo, fondamentale atomo di rivelazione.
Lo vidi dipanarsi nell’intero mio universo, tra pianeti simili a organi vitali – o forse il contrario – colmando le abissali distanze tra di essi, dentro di me. Vidi tutte le nazioni e le storie che si erano avvicendate sotto la volta del mio palato.
Mi svegliai, vuoto, scoprendo di aver dimenticato il segreto e cosa significasse.